Ieri si è concluso il ciclo di incontri "C'era una volta il parto" con il tema "Piccole donne...partoriscono". È stato un incontro molto interessante e mi spiace che la partecipazione non sia stata numerosa in quanto credo che voi assenti vi siate persi davvero molto questa volta. Tre giovani donne hanno raccontato la loro gravidanza e il loro diventare madri che ha coinciso anche con il loro diventare donne nel vero senso della parola. Cosa significa diventare madri a 16 o a 18 anni quando ancora si va a scuola, quando i rapporti affettivi sono acerbi anche se sembrano grandiosi ed eterni, quando il rapporto con i propri genitori è ancora legato con il doppio filo? Queste ragazze hanno parlato con la luce negli occhi e hanno narrato una storia difficile, faticosa, che le ha costrette emotivamente ad una maturazione improvvisa, ad un farsi carico di responsabilità che sono lontane anni luce dalla mente spensierata di molti altri coetanei. Ma allo stesso tempo hanno raccontato una storia di rinascita, una storia in cui il proprio corpo è diventato una potente arma di rivoluzione di cambiamento personale e familiare.
Sono uscita da quell'incontro con molte domande che non sono riuscita a fare a queste ragazze e con un poco di confusione, soprattutto perché nell'immaginario comune non è contemplata l'idea di un'adolescente che possa desiderare di rinunciare ai propri progetti per accudire un bambino tantomeno scegliere scientemente di diventare madre. Quando entro nelle scuole per parlare con i ragazzi di affettività e sessualità, si parla naturalmente di contraccezione, in quanto è implicito che la gravidanza in adolescenza non è auspicabile. Per i coetanei e anche per gli adulti è un segnale di immaturità, di irresponsabilità e tanti scappano lontano. Eppure per queste ragazze questo gesto che alcuni definirebbero da "irresponsabili", è stato proprio il punto di svolta verso la propria individuazione. Rimanere incinta a 17 anni oggi non può essere questione di disinformazione, questo ormai lo sapevamo, e nemmeno di distrazione. Le storie che ho sentito mi hanno infatti parlato di un istinto ancora più primitivo, quello che non passa attraverso la razionalità, ma attraverso il corpo, attraverso la pancia. Il significato di nascita sempre riporta ad una propria rinascita, alla possibilità di riscrivere la propria storia così come il proprio ruolo in famiglia. Il ruolo della famiglia di origine diventa fondamentale in termini di presenza e supporto, con un riequilibrio dei ruoli che si devono per forza ricalibrare sulla nascita di un nipote che è anche un po' figlio dei nonni e di una figlia che è d'improvviso diventata donna e necessita di un proprio riconoscimento. Inoltre queste giovani donne raccontano e si raccontano storie UTILI, storie di realizzazione e non di rinuncia o fallimento.
Gravidanze al femminile con un enorme potenziale di rivoluzione, così come espresso ottimamente nel film "17 filles", connessione azzeccatissima di Anna Maria Cristiani, Presidente del Collegio delle Ostetriche, film che avevo accantonato e che mi è tornato in mente con forza. Ispirato ad una vicenda realmente accaduta, racconta la vicenda di 17 ragazze che vivono in un'anonima e non ben specificata periferia e che decidono di rimanere incinta tutte contemporaneamente. Le loro gravidanze costringono tutta la comunità ad interrogarsi sul ruolo delle agenzie educative, sul ruolo della famiglia, sullo scenario e le prospettive dei giovani. Quelle pance contengono tutto, la rabbia, la trasgressione, la speranza, la progettualità in un desiderio di futuro che però, finito il sogno con il bambino vero tra le braccia, si trovano inchiodate al solito presente e ai bisogni di un bimbo che, nascendo, chiede loro tutta l'attenzione e la cura possibile e non la responsabilità di farsi carico di un progetto materno unilaterale.