Benvenuti nell' ANGOLO ROSSO!

In questa nuova pagina si parla soprattutto di affetti e sessualità.


A seguire:
- COSE TRA DONNE
- Parliamo di porno
- Anch'io voglio la coppetta! Ma quale?
- Vita di coppia tra sesso e abitudine
- Figli ed educazione ad una buona sessualità
- Donne a nudo
- Quando le vagine parlano
- Adolescenza e gravidanza
- Donne e sangue
- Coppie omosessuali e figli


COSE TRA DONNE
La curiosità è femmina? Bene! Allora vi aspettiamo!
In orari diversi per venire incontro alle esigenze di tutte.

 



Parliamo di porno
http://www.lenuovemamme.it/parliamo-di-porno/

Anch'io voglio la coppetta! 
Ma quale?
La mitica coppetta! Tutti la vogliono tutti la cercano! Economica, ecologica, pratica...una volta scoperta non la si lascia più. Ad oggi esistono tantissime varianti che però spesso non si sa quale scegliere.
Fioriscono post, blog, forum sull'argomento e ognuno dice la sua.
Io come al solito la mia...non la dico!
Beh non è che voglio far dispetto, tuttavia, trattandosi di un oggetto che ci riguarda intimamente, non è esente da ciò che intimamente pensiamo del nostro corpo e della nostra sessualità (vedi anche qui).
Potrei dilungarmi a spiegare le varie differenze, la tecnica di utilizzo, l'igiene, ma voi sceglierete la vostra coppetta in base ad una cosa: l'impressione, l'impatto emotivo che vi provoca il vederla e il toccarla. Qualcuna di voi presterà attenzione al meccanismo di rimozione, qualcun'altra alla dimensione, qualcun'altra ancora al colore o alla confezione, qualcun'altra all'effetto che la vostra amica vi ha fatto mentre ve ne parlava. Oggettivamente si può descrivere la qualità dei materiali e il funzionamento, ma nessuno potrà mai 
consigliarvi un tipo piuttosto che un altro senza precisare che il motivo è dovuto alla sua esperienza e sottolineando la soggettività della valutazione. 
Voi conoscete il vostro corpo e il rapporto che con esso avete e voi soltanto istintivamente sapete se vi sentite, convinte, incuriosite, dubbiose e attratte dalla coppetta. 
Un'altra cosa è certa: dopo la fatica di uscire da una logica commerciale che ci propone prodotti poco igienici e funzionali, una volta aperte a nuove possibilità, consentitevi di sperimentare!







Vita di coppia: tra sesso e abitudine

Pubblicato su http://bbmag.babybazar.it/index.php?id=9089


Figli ed educazione ad una buona sessualità: quando inizia la prevenzione? 

"Le informazioni scientifiche vengono lasciate ai libri mentre le speranze e le fantasie vengono affidate alle leggende metropolitane" 
                                        C. Flamigni

Informare non equivale a educare. Educare non equivale a trasmettere il rispetto di sé.
Quando si avvicina la cosiddetta "età critica", quella in cui i ragazzi chiedono una propria riservatezza e percepiscono come invadenze certe incursioni dei genitori, mamma e papà si sentono in difficoltà: devono trovare un equilibrio tra fornire al proprio cucciolo gli strumenti per prendersi cura di sé e il non sembrare troppo insistenti nel voler conoscere la vita intima del figlio/a. In alcuni casi si crea un rapporto aperto tra genitore e figlio o figlia, in cui parlare di prevenzione è spontaneo come affrontare qualsiasi altro argomento, ma talvolta tutto ciò che riguarda la sessualità provoca una timidezza, una chiusura ed un pudore da una parte, dall'altra o in entrambe, tali che l'argomento va a finire nel dimenticatoio in attesa di tempi migliori. Capita anche che i genitori stessi non siano o non si sentano sufficientemente informati, così si sentono come il giorno prima dell'interrogazione: più si studia all'ultimo minuto meno si impara. Tante volte sento i genitori dire "c'è bisogno di più informazione" oppure "servono degli esperti che parlino con i ragazzi perché tanto non ci ascoltano", tentando in assoluta buona fede di delegare questo aspetto dell'educazione al di fuori della famiglia e questo bisogno si fa tanto più urgente tanto più il piccolo cresce e va ad esplorare questo mondo che ci sembra sempre più brutto, cattivo e pericoloso di quanto non lo sia stato per noi. Quella che si percepisce è la paura, legittima, di non aver dotato il cucciolo dei necessari strumenti di sopravvivenza. Eppure se ci pensiamo oggi più che mai i ragazzi hanno la possibilità di essere informati anzi, sono iperinformati! In sostanza potremmo potenzialmente essere nell'epoca migliore perché sappiamo tante cose, ma contemporaneamente non sappiamo che pesci pigliare! Forse è proprio questo uno dei punti fondamentali: esistono soggetti e istituzioni che si attivano, risorse permettendo, per avviare soprattutto nelle scuole, progetti di educazione all'affettività e alla sessualità. Tuttavia la sensazione dei genitori è che non si faccia mai abbastanza. L'altro punto fondamentale diventa allora un altro: informare non è sufficiente perché chi informa non ha un legame significativo con chi riceve l'informazione. 
Il modo di vivere gli affetti, di gestire e comprendere le emozioni, l'amore per sé stessi, il prendersi cura del proprio corpo e la capacità di viverne con serenità tutte le sue trasformazioni non si possono imparare. Si assorbono attraverso la pelle, si sperimentano, si vivono nel momento e nel modo in cui si nasce, nel contatto quotidiano con chi si occupa di noi, nel suono della voce di chi ci coccola e così ci fa capire che esistiamo davvero e che siamo importanti; si comprendono osservando come le persone per noi significative lo vivono questo corpo, come lo trattano, come se ne prendono cura, come si relazionano tra loro. È proprio allora che l'intervento educativo esterno assume importanza fondamentale, perché se l'adolescenza può chiudere il canale di comunicazione diretta con il proprio figlio o figlia, le informazioni modulate e trasmesse con sincero interesse da un educatore a scuola, risuoneranno dentro il ragazzo o la ragazza che ne faranno tesoro. Questa chiave di lettura ci spiega anche come può accadere che pur sapendo certe cose, alcuni giovani incappino in comportamenti a rischio e altri no. La sinergia di queste due parti in causa, famiglia e istituzione, è dunque essenziale. A questo punto l'adulto può anche non essere ferratissimo sui metodi contraccettivi, ma può lavorare da subito per fornire al figlio la mappa per leggere la realtà: come sappiamo una mappa può anche non essere dettagliata, ma bastano dei riferimenti di base per poi potersi orientare.


sabato 9 marzo 2013

DONNE A NUDO

Bene. L'8 marzo è passato e si è portato via la Festa della Donna. Quindi, tra pon pon di mimosa in via di essicazione, possiamo tornare a riproporre DONNE NUDE. 
Sì perché l'8 marzo l'informazione funziona così: è d'obbligo parlare di parità e discriminazione, di donne velate, di femminicidio. Qualcuno azzarda a citare le schiave-bambine, ma è opportuno citare anche la storia di una qualche donna straordinaria e, ovviamente, un minimo di cenno storico alle origini della Festa (giusto per smorzare l'aspetto più commerciale della ricorrenza). Poi le immagini del capo dello Stato che omaggia  con i fiori le donne onorevoli (quasi a sottolineare l'eccezionalità della loro presenza nella politica) e infine, l'intervista allo spogliarellista del momento. Un sottile gioco di pesi e contrappesi in un equilibrio precario: ne esce l'immaginario complesso di una donna che fondamentalmente non sa chi è e cosa ci sta a fare. 
Le vallette di una nota trasmissione riassumono perfettamente quest'ambivalenza: sono belle, giovani, non troppo svestite, decorative e di contorno al conduttore, ma parlanti. L'intento è dimostrare che non sono solo belle, ma anche intelligenti (ma siamo ancora a questo punto????) e nel farlo io mi chiedo se è una scelta intelligente prestarsi a questo gioco perverso che ti fa tornare sempre alla stessa invariata questione. Come dire: "siamo intelligenti, quindi non avremmo bisogno di fare da abbellimento, ma siccome siamo intelligenti siamo qui proprio per dimostrartelo". Aiuto. Mi sento risucchiata da un vortice. 

Fondamentalmente è meglio ristabilire uno scenario rassicurante, quindi dal 9 marzo è bene riproporre  la donna nuda, sfacciatamente  sbattendotela in faccia in un Tg (tipo uno di quelli seri che vanno in onda su Italia Uno alle ore 12.30) o velatamente attraverso il servizio sulla mastoplastica additiva, giusto per non cambiare troppo le carte in tavola, si sa mai che la società si destabilizzi, e si rischi di interferire con quella cultura del femminile sexy che abbiamo talmente interiorizzato che ci sentiamo gratificate se troviamo il modo di sedurre. 
Certo è che assistere alla notizia dell'efferato omicidio di una donna seguìta da quella della rivoluzionaria possibilità di vedere in 3D una donna nuda su Playboy online, mi fa inevitabilmente pensare che siano due scene dello stesso film...

sabato 27 aprile 2013


QUANDO LE VAGINE PARLANO...

Assistere a "I monologhi della vagina" è sempre un'esperienza molto toccante: ridi e scherzi, ma poi ti arriva il pugno nello stomaco. I monologhi di per sé sono già qualcosa che arriva dritto dentro, senza tanti giri di parole, ma assistere allo spettacolo e sapere che Soukaina, Ibi, Wahiba, Agnieszka, Monica, Chiara, Valentina, Giovanna, Miri, Silvia, Aurora e Laura, ovvero "Madreselva" (il comintato V-Day della Bassa Bresciana), hanno deciso di condividere questo percorso così intimo che le ha portate al centro della propria femminilità per poi trasformarsi in una rappresentazione teatrale che dà voce a tutte le donne del mondo, è ancora più straordinario. 
Queste donne, di cui alcune giovanissime, non sono attrici di professione, il che significa che HANNO SCELTO di buttarsi in un'esperienza di presa di coscienza del proprio essere femmina: ogni volta che si incrocia l'esperienza di un'altra persona, soprattutto se intensa e dolorosa, e ci si mette nei suoi panni, ci si rende conto di dove stiamo noi, di che cosa per noi è scontato e cosa invece è estremamente prezioso. Ibi ad esempio, ha interpretato il monologo "La treccia storta" e ha raccontato che le è piaciuta questa storia perché oltre al tema della violenza domestica contiene anche un'atto di ribellione, un tratto di carattere che lei stessa si riconosce. E così, nel gioco della teatralizzazione, ci sembra che il taglio dei capelli diventi un'esperienza riparativa per la protagonista di quel racconto se anche Ibi ci mette anche un po' della sua ribellione. 
Dove siamo collocate noi nell'Universo femminile è già una bella domanda, noi che veniamo ferite nel corpo ma che nell'esibirlo pensiamo di trovare riconoscimento e legittimazione in un gioco senza fine, ma lo è ancora di più chiedersi dove siamo collocate rispetto all'Universo maschile, noi che abbiamo figli e figlie adolescenti che con estrema frequenza inviano e ricevono messaggi con riferimenti sessuali che vivono in modo positivo ma anche passivo... (vedi Report di Save the children). Dove e da chi l'hanno imparato? Il sesso è la chiave della rivoluzione tanto quanto è lo è della repressione, è il riscatto e anche la punizione, due facce della stessa medaglia tenute in piedi dal gioco delle parti, quella maschile INSIEME a quella femminile, in un gioco di equilibri e contrappesi, nelle quattro mura domestiche così come nella guerra tra i popoli...






ADOLESCENZA E GRAVIDANZA


"17 filles" - il film

Ieri si è concluso il ciclo di incontri "C'era una volta il parto" con il tema "Piccole donne...partoriscono". È stato un incontro molto interessante e mi spiace che la partecipazione non sia stata numerosa in quanto credo che voi assenti vi siate persi davvero molto questa volta. Tre giovani donne hanno raccontato la loro gravidanza e il loro diventare madri che ha coinciso anche con il loro diventare donne nel vero senso della parola. Cosa significa diventare madri a 16 o a 18 anni quando ancora si va a scuola, quando i rapporti affettivi sono acerbi anche se sembrano grandiosi ed eterni, quando il rapporto con i propri genitori è ancora legato con il doppio filo? Queste ragazze hanno parlato con la luce negli occhi e hanno narrato una storia difficile, faticosa, che le ha costrette emotivamente ad una maturazione improvvisa, ad un farsi carico di responsabilità che sono lontane anni luce dalla mente spensierata di molti altri coetanei. Ma allo stesso tempo hanno raccontato una storia di rinascita, una storia in cui il proprio corpo è diventato una potente arma di rivoluzione di cambiamento personale e familiare. 
Sono uscita da quell'incontro con molte domande che non sono riuscita a fare a queste ragazze e con un poco di confusione, soprattutto perché nell'immaginario comune non è  contemplata l'idea di un'adolescente che possa desiderare di rinunciare ai propri progetti per accudire un bambino tantomeno scegliere scientemente di diventare madre. Quando entro nelle scuole per parlare con i ragazzi di affettività e sessualità, si parla naturalmente di contraccezione, in quanto è implicito che la gravidanza in adolescenza non è auspicabile. Per i coetanei e anche per gli adulti è un segnale di immaturità, di irresponsabilità e tanti scappano lontano. Eppure per queste ragazze questo gesto che alcuni definirebbero da "irresponsabili", è stato proprio il punto di svolta verso la propria individuazione. Rimanere incinta a 17 anni oggi non può essere questione di disinformazione, questo ormai lo sapevamo, e nemmeno di distrazione. Le storie che ho sentito mi hanno infatti parlato di un istinto ancora più primitivo, quello che non passa attraverso la razionalità, ma attraverso il corpo, attraverso la pancia. Il significato di nascita sempre riporta ad una propria rinascita, alla possibilità di riscrivere la propria storia così come il proprio ruolo in famiglia. Il ruolo della famiglia di origine diventa fondamentale in termini di presenza e supporto, con un riequilibrio dei ruoli che si devono per forza ricalibrare sulla nascita di un nipote che è anche un po' figlio dei nonni e di una figlia che è d'improvviso diventata donna e necessita di un proprio riconoscimento. Inoltre queste giovani donne raccontano e si raccontano storie UTILI, storie di realizzazione e non di rinuncia o fallimento.
Gravidanze al femminile con un enorme potenziale di rivoluzione, così come espresso ottimamente nel film "17 filles", connessione azzeccatissima di Anna Maria Cristiani, Presidente del Collegio delle Ostetriche, film che avevo accantonato e che mi è tornato in mente con forza. Ispirato ad una vicenda realmente accaduta, racconta la vicenda di 17 ragazze che vivono in un'anonima e non ben specificata periferia e che decidono di rimanere incinta tutte contemporaneamente. Le loro gravidanze costringono tutta la comunità ad interrogarsi sul ruolo delle agenzie educative, sul ruolo della famiglia, sullo scenario e le prospettive dei giovani. Quelle pance contengono tutto, la rabbia, la trasgressione, la speranza, la progettualità in un desiderio di futuro che però, finito il sogno con il bambino vero tra le braccia, si trovano inchiodate al solito presente e ai bisogni di un bimbo che, nascendo, chiede loro tutta l'attenzione e la cura possibile e non la responsabilità di farsi carico di un progetto materno unilaterale.



DONNE E SANGUE


"Se vogliamo riconquistare la nostra saggezza mestruale e onorare la nostra natura ciclica, dobbiamo riconoscere gli atteggiamenti negativi verso il ciclo mestruale che abbiamo in gran parte interiorizzato". 
Dra. Christiane Northrup


Le donne perdono sangue, una volta al mese. Un volta al mese, ciclicamente, il corpo della donna Le ricorda che la Natura ha bisogno di fare il suo corso. Se la mestruazione scompare, infatti, è un campanello d'allarme. Dall'età del menarca, molte piccole femmine, hanno la percezione di essere entrate in un tunnel, fatto di fastidio, di sporco, di vergogna. Tante madri "festeggiano" la nuova maturità raggiunta dalla figlia, l'acquisizione dello status di DONNA. Ma poi segue un tempo fatto di commenti del tipo "ora ti tocca", come fosse una condanna o una punizione. 
Chi di noi non ha mai pensato che è una vera sfiga che ti arrivano quando devi andare in gita o in piscina! Oddio mi vengono in mente i pantaloncini indossati al mare o in piscina, sfidando il caldo, come a segnalare a tutti lo stato in corso! E i nomi poi! Sì, i nomi attribuiti alle mestruazioni: "arrivano i tedeschi", "i marchesi" ... e il più brutto, nonché il più significativo, a mio parere, "LE MIE COSE". Il bisogno di non chiamare le cose con il loro nome, così come spesso accade con tutto ciò che riguarda la sessualità, trasuda emozioni di imbarazzo, malizia, vergogna. Eppure, il linguaggio costruisce la realtà, cioè, le parole che utilizziamo per indicare qualcosa, trasmettono anche l'idea che si ha sulla stessa, quindi, il linguaggio utilizzato per riferirsi a tutto ciò che riguarda il femminile esercitano un effetto sia sul nostro stato d'animo, sia, come è stato sperimentato, anche sul ciclo mestruale stesso, percepito ad, esempio, più doloroso. 
Fotografía de Rous Baltrons

Quindi, è inutile che festeggiamo le nostre bambine quando diventano "signorine" se per tutta la vita ci hanno viste nasconderci durante il mestruo, non parlarne o lamentarci, perché proprio questo atteggiamento di noi mamme, cioè le prime donne in cui si riconoscono, si identificano e apprendono il femminile, non trasmettiamo loro la positività di ciò che il nostro corpo custodisce. Misterioso? Sì, come la vita. Schifoso? No. Certo, prima dobbiamo esserne convinte noi. È vero, ci sono credenze ancestrali che collegano il sangue mestruale all'impurità della donna, ma ciò accadeva/accade in culture patriarcali che trovano una legittimazione culturale al bisogno di sottomissione della donna. Le mestruazioni sono uno dei meravigliosi sistemi di “pulizia e ricambio” dei quali la natura ci ha dotate. Iniziare a pensarle come rinnovamento può riconciliarci con quella con la nostra femminilità potente e creativa. 
Cominciare ad apprezzare e a rispettare il ciclo mestruale come una parte del nostro sistema di guida interiore comporta in sé una forma di guarigione a livello sia ormonale sia emotivo.
Non mai nascosto questo aspetto di me ai miei figli, perché lo considero parte della natura e pertanto, innocuo, istintivo, insomma, una di quelle cose che ti fa capire che per quanto ti arrabatti, c'è sempre qualcosa di misterioso a cui dobbiamo adeguarci e portare rispetto. Non è sempre stato così, ma lo è da quando ho partorito a casa la mia bimba. Come faccio? Semplice, non mi nascondo, capita che ne parlo e quindi, NON SUSCITO CURIOSITÀ MORBOSA. Come lo spiego? Ancora più semplice: "nella pancia della mamma si forma un nido caldo per accogliere i bambini, poi però, siccome non arrivano, il nido si scioglie, esce e se ne fa uno nuovo". 
Foto tratta da https://www.facebook.com/cayenasenflor
Come al solito però, ci si mette il consumismo a farci vedere le cose sempre come un problema, per l'interesse di pochi che devono vendere e guadagnare. Come accade quindi per i pannolini per i bimbi, di cui pensiamo di non poter fare a meno, e di cui ho già scritto (vedi qui), ecco che anche gli assorbenti femminili non è che ci aiutano tanto a convincerci che le mestruazioni non sono un fastidio! Da una parte abbiamo assorbenti sottilissimi e contenenti sostanze nocive, come se non ne avessimo già abbastanza, e dall'altra assorbenti interni che ci evocano una serie di leggende metropolitane come quella che fanno perdere la verginità! Entrambi scomodi, da cambiare spesso, ci lasciano sempre un senso di non asciutto, di sporco, sentiamo puzze strane, ci fanno immaginare che perdiamo sangue a fiotti! Beh, tutto ciò non è mica vero. Come si fa a scoprirlo? Imparando ad usare la coppetta mestruale. 
Se leggete qui, trovate tante informazioni sulla sua storia, che risale, pensate, a circa 200 anni or sono!
La coppetta è una scelta sana, ecologica e soprattutto ci fa capire molto di come siamo fatte. No, non vendo coppette, ma la uso, ciclicamente, e mi sento pulita, sempre e sollevata. Molto. Se non siete convinte di questo, date un'occhiata a questa immagine e fate i vostri conti...







COPPIE OMOSESSUALI E FIGLI

Dato il gran can can di questi giorni in merito alle manifestazioni in Francia contro la proposta di legge sul matrimonio tra persone dello stesso sesso e l'apertura per queste coppie alla possibilità di avere bambini, vorrei riportare l'interessante contributo del collega Dott. Federico Ferrari, psicoterapeuta familiare, esposto in un'intervista rilasciata a Lettera43.it. Il terapeuta, in risposta alle affermazioni della Dr.ssa Vegetti Finzi, psicanalista, nell'esporre i suoi contenuti, mette in evidenza gli "errori logici" che portano ad assumere a dati di realtà dei modi di leggere il comportamento umano e le relazioni, cosa che accade spesso con le teorie psicologiche. 
Seppur di importanza fondamentale il concetto di Edipo, è pur sempre un'inferenza che arriva dall'osservazione di una famiglia composta da madre - padre - bambino, così come è successo per il concetto di relazione "simbiotica" madre - bambino, ormai radicata nella cultura popolare, che è però stato ampliato e superato nel momento in cui si è iniziato ad osservare il triangolo genitori - bambino, anziché solo madre - bambino. Allo stesso modo anche il neonato è "diventato" competente quando lo si è messo nelle condizioni di poter esprimere capacità differenti. Insomma, bisogna innanzitutto fare i conti con i propri pre-giudizi (ed è pur sempre legittimo che ognuno abbia un'opinione in merito che gli consenta di fare le proprie scelte nella vita) , ma come professionisti, non cadiamo nello stesso errore di Lombroso che osservava il volto dei delinquenti e poi ne ineriva le caratteristiche di personalità per poi estenderle e generalizzarle!
Domanda. Parlare di Edipo, quindi, è anacronistico?
Risposta. Edipo è un assunto storicamente molto connotato ma relativo a quello che era un assetto sociale antropologico dei primi del 900. Il metodo della psicoanalisi inoltre è un metodo clinico che si basa su dei costrutti che non sono direttamente osservabili.
D. Solo teoria?
R.
 Pur essendo una disciplina molto importante nel contesto psicologico, che ha dato spunti fondamentali, non si basa sul metodo scientifico e tutto quello che viene proposto ha il valore di una ipotesi per quanto interessante ed efficace.
D. Che cosa bisognerebbe considerare allora?
R. Abbiamo una letteratura scientifica di oltre 40 anni, il primo studio sulla genitorialità omosessuale è del 1972, ma sono centinaia quelli fatti in questi anni. E tutti vanno nella stessa direzione.
D. Quale?
R. Si interrogano sugli sviluppi dell'identità sessuale dei bambini rispetto a identità di genere. Queste ricerche ribadiscono che i figli con uno o due genitori omosessuali, hanno la stessa identica percentuale di orientamento eterosessuale e omosessuale dei figli di coppie etero.
D. Risultato?
R. Queste ricerche ci impongono di mettere in discussione gli assunti psicoanalitici dell'Edipo.
D. Per dire che Edipo non esiste più?
R. No, ma semplicemente che è la descrizione di una particolare psicodinamica relativa alla famiglia eterosessuale. Evidentemente in quelle omosessuali ci sono dinamiche diverse che ancora non abbiamo studiato. E forse proprio la psicanalisi potrebbe farsi carico di provare a identificare queste differenze. La psicologia scientifica invece parte dai risultati.
D. E cosa mette in evidenza?
R. Il contesto sociale. Per lo sviluppo dell'identità dei bambini si dovrebbero cercare modelli e strutture di appoggio anche all'esterno dello stretto nucleo familiare, visto che i bambini crescono a contatto con stimoli sociali importanti che ripropongono la dualità dei sessi.
D. Per esempio?
R. Un aspetto fondamentale che la psicoanalisi prende poco in considerazione è il rapporto con i pari, gli altri bambini, a partire dalla classe. La scoperta di sé non avviene solo attraverso i modelli strettamente familiari. Questa sarebbe una visione riduttiva come osserviamo dai risultati delle realtà già esistenti.
D. Quali studi ci sono?
R. Gli studi dell'American psychological association partono da tre domande che riguardano l'identità di genere, l'orientamento sessuale e l'adattamento psicosociale dei bambini figli di genitori omosessuali. Ci sono centinaia di ricerche, alcune che hanno studiato famiglie per oltre 20 anni, altre che hanno fatto confronti tra popolazione europee e americane, e tutte sono concordi nel ribadire che non esistono segnali di rischio rispetto a questi tre elementi. Risultati di cui ha preso atto anche l'associazione di pediatria americana.
D. Alcuni citano però le ricerche fatte da Reignerus e Cameron...
R.
 Sì, loro volevano proporre dati allarmanti che sono stati ritenuti falsati e perciò invalidati dalle associazioni di categoria. Cameron è stato perfino espulso da tutte le associazioni di psicologia degli Stati Uniti. Insomma non sono gli attivisti gay che propongono un loro punto di vista, ma è la psicologia ufficiale che lo dice. Ma qui fatica ad arrivare.
D. Per colpa dell'influenza del Vaticano?
R. Sembra che la voce alternativa alla religione sia solo quella della psicoanalisi, ma è una disciplina che non si confronta con i risultati e parla solo di un ipotetico futuro: si chiede che cosa questi bambini saranno e faranno. E invece questi bambini ci sono già e molti hanno anche 30 anni compiuti.
D. Che cosa pensa della frase del Gran Rabbino di Francia Gilles Bernheim: «La dualità dei sessi appartiene alla costruzione antropologica dell’umanità»?
R.
 È un discorso fallace perché avere due genitori omosessuali non vuol dire mettere in discussione la dualità dei sessi. I bambini mantengono la propria identità sessuale chiara e gli stessi genitori sono in grado di comunicarla. Ma soprattutto non sono gli unici modelli.
D. Quali sono questi modelli?
R. Ci sono famiglie allargate, i compagni di scuola, i maestri e soprattutto i media, perché i bambini oggi vivono con le immagini, la televisione: la rappresentazione dei due sessi è garantita ovunque, hanno quindi una serie di stimoli sufficienti per riconoscerla. C'è inoltre da considerare il fatto che la dualità dei sessi non può diventare normativa.
D. Ci spieghi meglio.
R. Per quanto esistano due identità sessuali ben distinte, ci sono anche una serie di identità che devono essere preservate e che tra i due sessi costruiscono uno spazio di esplorazione importante come il transgenderismo e il transessualismo. E fanno parte anche loro di una antropologia umana, solo che questi discorsi ideologici, che partono dalla Genesi come quello citato da della Loggia, sembrano escludere il transgenderismo dal consorzio umano.
D. Il padre e la madre non indicano più al bambino la sua genealogia?
R.
 Tutti noi abbiamo una identità di genere e la costruiamo a partire da un racconto all'interno del quale ci sta anche la nostra genealogia: questo rappresenta certo la struttura basilare. Laddove c'è un mito del sangue e della famiglia in termini genetici, quelli forse diventeranno i contenuti dell'identità, ma non ci sono solo quelli.
D. Quali altri?
R. Il figlio di due genitori omosessuali ha una sua identità costruita a partire da lineamenti differenti. Sarà una genealogia non basata sul sangue, ma fatta di desiderio di filiazione. Una tematica che dobbiamo considerare perché riguarda anche i figli adottivi, tutte le realtà dove non esiste un legame di sangue con i genitori. Per questo bisogna stare attenti quando si dice che se viene a mancare la certezza del rapporto biologico viene a mancare una parte importante dell'identità dell'individuo.
D. Insomma non è solo una questione di geni.
R.
 La biologia certamente fa parte dell'identità dell'individuo, ma non può essere usata per prescrivere l'eterosessualità come unica forma lecita di sessualità.
D. Il rischio è di aumentate la discrimanazione?
R.
 Il discorso del rabbino si rifà alla tradizione ebraica dove il sangue ha una importanza che trasmette l'appartenenza a un popolo, e quella è una dimensione diversa legata a una cultura e a una religione.
D. Anche in Italia il dibattito è ancora molto orientato sul piano religioso, quanto influenza e scoraggia le coppie omosessuali che vorrebbero avere dei figli?
R.
 Le famiglie che conosco danno per scontato che ci sia un discorso omofobico molto respingente sul piano del cattolicesimo ufficiale delle gerarchie. Però non credo che scoraggi più di tanto.
D. Qual è il vero problema?
R. L'incertezza legislativa, che pesa di più perché c'è sempre un membro della coppia che rischia di essere estromesso e di non vedere riconosciuti i propri diritti di genitore. Ma anche il figlio che non vede rispettato il proprio diritto alla tutela del rapporto con il genitore sociale.
D. Anche in Francia però è ancora così.
R. Sì, ma c'è molta meno attenzione ai dettami della Chiesa. Si è sempre tenuto separato il discorso religioso da quello civile. La laicità è quasi una religione di Stato.
Giovedì, 03 Gennaio 2013


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