lunedì 24 dicembre 2012

“IO DOV'ERO SE NON C'ERO?”


Iole: 4 anni a febbraio e già alle prese con i grandi temi della filosofia e della religione. La vita, la nascita e la morte. Iniziamo bene. Deglutire. Respirare profondamente. Tutto è iniziato quando le è stato detto che è uscita dalla pancia della mamma e come lei suo fratello. Ma la concezione del tempo ancora non l'ha quindi, come spiegare che lui ci è stato tre anni prima? È più alto, va alle elementari...ok, si è convinta che lui è più grande ed è più bravo a far le cose perché ha avuto più tempo per impararle. “Ma nella pancia eravamo insieme.” “No, non eravate insieme.” Difficile da digerire perché questo significa che: “IO DOV'ERO SE NON C'ERO????” e quindi “COME HO FATTO A ENTRARE????”.

Deglutire. Respirare profondamente. “Allora, per fare i bimbi ci vuole l'amore. Il papà mette un semino nella pancia della mamma...(per ora non ha chiesto come fa), il semino si unisce all'uovo della mamma (disegno), quando si uniscono crescono e diventano un bambino” “Ah. Sì, ma prima dov'ero?”.
Mi è venuto in mente che in passato, una visione animistica del concepimento si diffuse e proseguì per un bel po' di anni, interpretazione che sosteneva che i bambini fossero presenti nell'aria insieme al pulviscolo molecolare appena scoperto. Beh, innanzi a questa teoria, mia figlia è apparsa scettica. Correggiamo il tiro. Più convincente la sincera affermazione: “eri nei pensieri della mamma e del papà” “ma come?” “come te quando pensi alle cose belle, le senti nella testa e poi stai bene” “ho capito”.
Bene. Speriamo di aver guadagnato qualche giorno. Nel frattempo si accettano idee e consigli.

martedì 18 dicembre 2012

SONDAGGIO

Dal documentario "Il primo respiro"

Ciao a tutti. ho proposto un sondaggio qui di fianco: PARTORIRESTI IN CASA? 
Vi va di rispondere? Vorrei rendermi conto di un paio di cosine, poi magari ci scrivo un post. 
Scade a Natale, quindi forza!
Altrimenti...auguri a tutti quelli che mi seguono!
PS. SE NON FUNZIONA FATEMELO SAPERE PER FAVORE TRAMITE COMMENTO OPPURE SU FB! GRAZIE E SCUSATE L'IMBRANATAGGINE...

martedì 4 dicembre 2012

HO IMPARATO A CHIEDERE DEL PARTO

Una delle cose più importanti che ho imparato come donna e come psicologa è la potenzialità terapeutica di un parto. Se poi si tratta di un parto naturale, l'energia positiva che ne deriva è potentissima, così come l'infusione di autostima, la consapevolezza delle proprie capacità, il significato profondo dell'essere femmina e donna...Ma tanto quanto è terapeutico avere un parto così, tanto può essere distruttivo subire un cesareo, piuttosto che tutti quegli interventi a cui le donne sono sottoposte, spesso inutilmente, per accelerare un parto ospedaliero. 
Illustrazione di Laratagris Gris
Le cicatrici che ne rimangono sono, a volte, così profonde, che la donna se le porta dentro per tutta la vita, covando segretamente il desiderio di un altro figlio e un altro parto per poter "riparare" e ricucire quelle lesioni e dimostrare a sé stessa che vale e che è capace. Spesso questi pensieri rimangono in stand by, ma riemergono con forza quando si tocca l'argomento nascita. Spesso un parto trova un senso profondo anche nella storia di quella donna e delle altre donne della sua famiglia: ricordo una giovane madre terrorizzata dall'idea di incappare in un cesareo perché lei stessa era nata col taglio ed una serie di complicazioni. Con le lacrime agli occhi raccontava di come il suo bambino fosse podalico mettendola di fronte alla concreta possibilità di perpetrare lo stesso destino. Per lei un parto naturale aveva un significato di riscatto da una storia di donne che "non sembravano in grado di partorire". Tranquilli, forse la Natura ha voluto così, o forse qualcosa si è sbloccato parlandone, ma il bimbo alla fine si è girato.
Se una donna ha una storia di insicurezza, un bel parto diventa una narrazione riparativa; se una donna è sempre stata sicura di sé o è sempre stata identificata come quella forte, un parto difficile può farla vacillare. Altre donne invece, raccontano del dolore quasi insopportabile del loro parto, sottolineando l'aspetto quasi rituale del passaggio da donna a madre, soddisfatte e orgogliose delle loro fatiche.
Tutte queste donne e le loro storie di parti, hanno spesso a fianco anche dei compagni, che vivono indirettamente tutte le forti emozioni che ne sono connesse, talvolta trovandosi a gestirle, altre volte a subirle, in un continuo adattamento della coppia a nuovi equilibri sovente faticosi da trovare. Talvolta si tratta di uomini che hanno visto le proprie compagne subire vere e proprie torture in sala parto senza poter far nulla per alleviare il dolore o per proteggere le proprie donne e i propri bambini..
Per questi motivi ho imparato a chiedere del parto, e non mi limito a chiedere data e sesso del bimbo, perché è un evento che porta in sé infiniti spunti per riflettere metaforicamente sulla propria vita e sulle proprie scelte.
Quello che però spesso accade, è che la donna ferita, tende ad attribuire a sé stessa o ad un suo mancato impegno, o ad una sua incapacità o ad un suo "non essere pronta a fare la mamma" molti ostacoli occorsi in sala parto, senza però sapere che magari nel suo caso, queste difficoltà sono attribuibili ad un mancato rispetto della fisiologia della nascita.
Per questi motivi parlo sempre di parto naturale e consapevolezza della donna.