lunedì 15 ottobre 2012

MI SON MESSA A FARE IL PANE

Sì, mi son messa a fare il pane in casa. E l'ho fatto perché voglio ritrovare il gusto delle cose, il piacere di creare, partecipare all'incredibile processo per cui dal niente o quasi, si produce nutrimento. Impasto, a mano, perché mi piacciono le sensazioni che cambiano al tatto: prima appiccicoso, poi morbido e liscio, l'impasto prende forma. Profuma e quando cuoce, ancora di più. Mischio farine diverse, creo, provo, sbaglio.

Mi rilasso. Ricordo che la "mia ostetrica" mi raccontò di una collega che faceva dolci insieme alla donna in travaglio, dolci "fatti in casa" (sì certo, si possono fare un sacco di cose durante il travaglio, sfatiamo il mito che si sta solo sul letto a contorcersi dal dolore, ndr). Mi ricordo quando Michel Odent raccontava che esistono certe attività come cantare o ricamare, che solleticano la parte più primitiva del nostro cervello, quella più legata all'istinto, quella che fa partorire. Beh, io aggiungo anche "impastare", non tanto perché stia per partorire, quanto per riscoprire la genuinità delle cose, soprattutto quando si è stati a stretto contatto per tanto tempo con persone poco limpide, quando ci si rende conto di esser dentro un ingranaggio molto più grande di noi che è disposto a calpestarti pur di  continuare. Ogni tanto nella vita, quindi, bisogna fare il pane, bisogna custodire con cura la pasta madre, e nutrirla, con calma. Ci vuole tempo per nutrirla bene, poi lasciarla riposare. Ci vuole tempo, per impastare. Bisogna attendere il momento giusto. E mentre si entra a far parte di un processo creativo, la mente si apre ed è pronta per attingere a nuove risorse ed a aprirsi per accogliere nuove idee. 

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