mercoledì 4 settembre 2013

IL BAMBINETTO DOVE LO METTO? NEL LETTO!

Questo non è un post sul co sleeping, bensì un post sugli psicologi ed in particolare LE psicologhe che hanno un pregiudizio ovvero che "se il bambino dorme con i genitori nel lettone allora c'è qualche problema di intimità nella coppia".
Lo dedico alle psicologhe che quando diventano mamme cambiano idea e si accorgono che gli stadi di sviluppo o le regole di S.O.S TATA per il loro figlio non valgono e si trovano ad un bivio: concludere che il loro pupo ha qualcosa che non va, oppure affermare che ogni bimbo è diverso dall'altro. Ogni mamma, anche quella psicolaureata propenderebbe per la seconda ipotesi.
Il punto è che:
  •  tanti bimbi non dormono da soli come e quanto vorremmo noi. 
  • Tanti bimbi si attaccano al seno la notte. 
  • Tante mamme traggono piacere da questa vicinanza. 
  • Tanti papà traggono piacere da questa intimità. 
  • Tanti bambini né traggono enorme vantaggio. 
  • La deprivazione di sonno è devastante. 
Ma soprattutto, soprattutto, se una coppia desidera l'intimità la trova e non necessariamente la sera a letto! 

Non son certo io a spiegarvi come-dove-quando, ma prima di arrivare a conclusioni affrettate solo per aver rilevato che un bimbo dorme con i genitori, forse vale la pena di sondare meglio altri ambiti. È vero che capita che il bambino venga utilizzato come alibi per non avere incontri ravvicinati con il/la partner, ma in questo caso è il fine che danneggia il piccolo, la sua strumentalizzazione che segnala l'incapacità di una coppia di parlarsi, non il fatto in sé che dorma a contatto con i genitori! 
Le teorie psicologiche, così come ogni altra idea che ci facciamo della vita, soffrono di pregiudizi di base di cui spesso non sono consapevoli. 

Mi è capitato di assistere ad una conversazione di questo tipo: 
PSICO 1: eh...poi il bambino dorme nel letto con loro, significa che non c'è intimità.
PSICO 2: un momento! io mio bimbo non ha dormito per tre anni e pur di dormire lo tenevamo nel lettone e andava tutto bene!


In qualità di PSICOMAMMA 3 con due figli, uno diverso dall'altra non mi sento di affermare nulla di assoluto. Le coppie funzionano secondo le loro regole, ogni coppia ha le proprie e ogni coppia vive la sessualità e l'intimità secondo tempi e modi propri; in periodi così emotivamente intensi come la nascita di un figlio, tutto è in discussione così come i ritmi quotidiani stessi ne sono ribaltati. Ma non anche questo il bello?
Anche l'idea che il desiderio debba sempre essere presente è un falso mito, o un pregiudizio. Tante neo mamme sono perfettamente consapevoli che la maternità con tutto ciò che porta con sé, comprese la stanchezza fisica e psicologica, le priorità che cambiano, i ruoli in casa che mutano, un corpo totalmente dedito alla cura di un altro essere vivente, spesso annulla, temporaneamente il desiderio sessuale del partner.
Michel Odent ci segnala che in alcune culture, finché la donna allatta, non fa l'amore, non è previsto, come se le tradizioni legittimassero uno stato momentaneo, che per noi viene definito "calo del desiderio nella coppia" e quindi sentito come minaccioso. Altrove invece, se ne prende atto, ci si organizza e si aspetta un nuovo equilibrio.
A volte invece la donna si sente potente e desidera il suo uomo, ma lui la vede come mamma, l'ha vista partorire, ed è allora lui a non desiderare il rapporto temporaneamente. Ha bisogno di tempo, è ovvio, solo di tempo. Ma il problema non sta nell'avere o meno il desiderio in sé, ma il fatto che i membri della coppia sentano esigenze diverse e non condividano le reciproche posizioni e stati d'animo.
A cosa serve allora la psicologia se, pur dichiarando l'incredibile variabilità interpersonale, si affida a generiche premesse culturali?



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